LA STRAGE DEGLI INNOCENTI

Ci sono date che segnano la Storia raccontata nei libri. Ce ne sono altre che segnano le vicende personali e familiari della gente comune. Il 10 aprile è uno di quei giorni in cui drammaticamente le vite semplici di persone di paese incrociano gli avvenimenti dello scacchiere geopolitico internazionale.

Antonietta, Maria, Gino e Giuseppina erano partiti da qui, da Volpago, per andare ad una festa e sono morti tra il fumo e le fiamme: i loro nomi stanno su una lapide insieme a quelli delle altre 136 vittime della strage del traghetto Moby Prince, salpato da Livorno la sera del 10 aprile 1991, diretto ad Olbia. C’erano famiglie, coppie di sposi in viaggio di nozze, e un gruppo di persone che proprio ad un matrimonio stava andando: Claudia Saccaro, originaria di Biadene, avrebbe sposato anche con rito religioso Pino Cossu, nella chiesa di Bonarcado, vicino ad Oristano. A bordo della nave c’erano il papà Ernesto, 50 anni, nato ad Arsiè, la mamma Antonietta Dal Tezzon, 47 anni, nata a Volpago, il fratello Ivan, l’anziana nonna Maria Marcon (85 anni, anche lei volpaghese; fu la vittima più anziana del disastro); li accompagnavano altri amici, Gino Guizzo e Giuseppina Martignago, marito e moglie di 52 e 46 anni, pure loro di Volpago, un’altra coppia di sposi Angelo Fusinato e Giovanna Padovan scesi da Arsiè, Pasquale Dal Zotto, cugino 32enne montebellunese, e Mauro De Barba, 30enne di Bolzano.

Quella sera in televisione c’era Juventus-Barcellona (strana coincidenza, c’era una partita di calcio anche la sera del Vajont il 9 ottobre 1963) e molti erano radunati davanti al piccolo schermo, ignari di quanto sarebbe successo alle 22.25: la collisione con la petroliera Agip Abruzzo provocò un inferno di fuoco ed esplosioni che non lasciò scampo a nessuno dei passeggeri della Moby Prince, eccetto un giovane membro dell’equipaggio che riuscì ad abbandonare la nave. I soccorsi si concentrarono sulla petroliera e solo molte ore dopo arrivarono sul traghetto, ormai ridotto ad uno scheletro di metallo rovente.

Il processo non ha trovato colpevoli; solo una commissione d’inchiesta al Senato ha svelato nel 2018 alcuni dettagli e i depistaggi, mentre un’altra indagine parlamentare dovrebbe partire nei prossimi giorni per fare chiarezza e spiegare cosa sia veramente successo quella notte nella baia di Livorno, utilizzata anche per lo smistamento di armi, a motivo della vicinanza con la base Nato di Camp Darby. Su possibili traffici illegali di dotazioni belliche che da quel porto sarebbero partite verso la Somalia aveva indagato anche la giornalista Ilaria Alpi, uccisa nel 1994.
Di questa tragedia, uno dei tanti misteri della nostra Italia, parlerà lo spettacolo teatrale M/T MOBY PRINCE che il Comune di Montebelluna propone per sabato 10 alle 20.30 in streaming su Zoom. Per avere informazioni sul link è possibile contattare il locale Servizio Cultura (cultura@bibliotecamontebelluna.it – 0423 617423).

E’ anche e soprattutto con la conoscenza di questa storia e delle sue contraddizioni processuali che potremo, nel nostro piccolo onorare la memoria delle vittime.
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“Dieci di aprile notte dei fuochi
traffico d’armi in mezzo alla baia
le armi le porta la nave fantasma
dal porto a Livorno diretta in Somalia.

Su quella rotta Ilaria si mise
la notte che il mare rubò i quattro venti.
Sul Moby Prince in mezzo alle fiamme
un’altra strage degli innocenti”

(Gang, “Chi ha ucciso Ilaria Alpi?” in “Fuori dal controllo”, 1997)